Il piccolo Hans - anno IX - n. 36 - ottobre-dicembre 1982

conto di questo viaggio c1 immergesse nell'incanto più profondo? Forse è possibile qui alludere a una prima, provvisoria spiegazione. Questa sorta di mito ci racconta che, di fronte a chi avanza verso di lei, la morte si ritrae, ritarda di un poco, si maschera: arriverà sì ineluttabilmen– te, ma solo in seguito a un intrigo stupefacente, a una vicenda la cui narrazione ci affascina, perché trasforma il non senso della morte in senso del destino; è come se sulla morte in sé non ci fosse niente da dire, ma in com– penso si potesse dire moltissimo sul destino quale mistero che conduce all'ineluttabile attraverso un viaggio compli– catissimo, pieno di soste, di segreti, di stupori e di spe– ranze. In altri termini, la trasformazione del reale in sim– bolico è un tempo concesso in sovrappiù, una grazia del destino, per raffigurarci l'infigurabile della morte. Ma for– se non solo della morte, e proprio in questo consiste la grazia, la speranza. Soffermiamoci ancora su quelle immagini di pianure innevate, di montagne altissime che si mostrano ai nostri occhi stupiti: sono immagini ben verosimili, familiari, ap– partenenti al nostro mondo consueto; tuttavia questo pae– saggio appare anche immerso in un silenzio misterioso, in un chiarore indefinibile e affascinante. L'impre.ssione che ne riceviamo è una sorta di stupefazione ammutolita, di immensa inquietudine che oscilla fra lo spavento e la meraviglia, il terrore e la dolcezza: in lontananza, nella desolazione, riluce qualcosa come una promessa per la quale ci mancano le parole. Il paesaggio sembra custodire una speranza che ci viene mostrata, di cui sentiamo la presenza, e che però non riusciamo a dire. La vediamo, ma rimane al di qua o al di là delle parole. L'inquietudine incantata che ce ne viene è una sensazione stranamente familiare, è una compresenza di già noto e di spaesamen– to: ebbene, tale silenzio irriducibile che rifulge attorno alle immagini di un paesaggio, è forse quello che abbiamo conosciuto nei tempi immemorabili in cui vedevamo già 234

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