Il piccolo Hans - anno IX - n. 36 - ottobre-dicembre 1982

a Totalità e infinito, l'inquietante evidenza che l'umano esordisce legando con la parola l'essere morale alla guer– ra, come se fosse una merce che invera le pretese della metafisica. Il perché è conseguenza: questa è la sola con– dizione in cui prende forma - nella sua oscura chiarezza - l'evento ontologico. (Rinunciare all'ontologia è la grande scommessa della modernità perché bisogna poterci rinun– ciare senza perdere la faccia, senza scatenamenti dell'al– tro, senza che in me sorga, prepotente, il bisogno di far fuori l'alterità della specie in cui mi riconosco, a mala pena, vittima biologica.) L'anima teme il verbo perché sa di essere divorata dall'opinione ed esposta a tutte le violenze, osserva Lévi– nas, «non nacque, forse, la filosofia, in terra greca, per detronizzare l'opinione, in cui tutte le tirannie minacciano e stanno in agguato?». A merito di questo pensatore ebreo– lituano va messo perlomeno questo: di aver spezzato la continuità che nella cultura europea il linguaggio assicura tra coscienza e mondo e, in subordine, tra desiderio e strumento che è dire tra senso e segno. Eppure, «se il faccia a faccia fonda il linguaggio, se il volto da il signi– ficato e addirittura instaura la significazione dell'essere, allora il linguaggio non solo serve la ragione, ma è la ragione» (il corsivo è nostro). Va da sé, una ben strana ragione senza nessun significato originario che non sia già definito da essa stessa. Poco male. Osserva Husserl, perlomeno è possibile pensare la tematizzazione dei signi– ficati. Vediamola a proposito del desiderio: «la libertà arriva - osserva Lévinas - da esso, che non dipende da una mancanza o da una limitazione (come nella metafora economica) ma da una sporgenza dell'idea dell'infinito» (il corsivo è nostro). Non ho qui lo spazio per dimostrarlo, ma il sottolineato si può teatralizzare, esso è conosciuto in analisi con il nome di Weltuntergangserlebniss e co- 219

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