Il piccolo Hans - anno IX - n. 36 - ottobre-dicembre 1982

il «manque» non colmabile dell'io diviso. Un'epoca siglata dalla dispersione e disseminazione del soggetto trova così la propria immagine nello scorporarsi della consistenza logico-concettuale del periodo, nella non pertinenza tra comparato/predicato/comparante, nella fuga in avanti di significati instabili, non assestati, eccedenti il referente, verso la non appartenenza, il vuoto semico e strutturale o lo spostamento ad oltranza del senso. L'incolmabilità che emerge da tale attentissima ricogni– zione, la «ferita» che consegna il linguaggio delle Fleurs du mal allo spazio tutt'altro che metafisico della coscienza scissa, si precisano proprio nel saggio sulla Jeune Parque. Da una vicenda squisitamente sintattica (ma si è visto con quali suggestive implicazioni) ci si sposta in ambito composito, nel tentativo di esplorare il rapporto diretto tra «struttura generale della coscienza» e oggetto verbale incaricato di riprodurla «formalmente». La sfera linguisti– ca si fa dunque, esplicitamente, proiezione del fenomeno coscienziale, rappresentando in termini di sdoppiamento, sostituzione, accumulo, il non appagato contrasto lonta– no/vicino, interno/esterno, veglia/trasognamento, realtà conscia/vertigine dell'inconscio, sino alla distruzione delle unità formali (anagramma) e semantiche (anasemia) in percorsi di senso che non seguono la progressione del discorso. I risultati sono importanti: un Valéry sottratto alla vincolante formula di «neoclassicismo» si trova accostato a un Montale dell'anti-rappresentazione, del referente oc– cultato o camuffato, secondo un messaggio tutto interno al gioco testuale: la parola, mobile e destabilizzata, non vale che come nodo di relazioni, in cui il senso si disperde in favore della complessità delle linee che collegano l'io al mondo. Ed è dunque significativa, a questo stadio dell'analisi, la presenza di Michaux, coi suoi testi iscritti «in una zona 'mentale' assolutamente nuda», raccontata da un linguag- 213

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