Il piccolo Hans - anno IX - n. 36 - ottobre-dicembre 1982
le gene, on ne le contredit sur rien, troisieme bonne raison pour n'etre qu'un vaurien (p. 340). Si passa poi a un racconto che mette in evidenza il ca– rattere capriccioso e autoritario del piccolo tiranno. Questi elementi ci riportano alla problematica del Ca– stello A e in particolare all'aspetto della gestione di quel luogo e dei detentori del potere dentro il Castello stesso. Emerge la presenza del lessema «vaurien» che si ricollega alla «vingtaine de vauriens» del primo Castello proponen– doci delle interessanti omologie tra i «maìtres» dei due castelli. Il Castello di Desglands segna - attraverso il terzo paragrafo riportato dall'Editore - la fine ultima del viag– gio, l'inserimento di Jacques in una struttura sociale e lavorativa, la fine delle avventure. L'erranza è terminata. Quelques jours après le vieux Concierge du chateau décéda. Jacques obtient sa piace et épouse Denise (p. 378). Anche questo happy ending - appena messo in dubbio dal paragrafo finale su «cocuage» - con tutta la sua carica letteraria e la sua meccanica manifestazione dell'esito fi– nale della figura della seduzione (quella anche dell'Autore nei confronti del Lettore) contribuisce a togliere al Castel– lo di Desglands la semplice fisionomia di un referente reale. Assistiamo quindi in conclusione a un meccanismo di scambio per quel che riguarda le connotazioni dei due Castelli (A e B). Tra i due poli a prima vista opposti si provocano degli slittamenti di funzioni e di senso. Da una parte il Castello misterioso contraddistinto dalla preminenza di marche della incertezza, della non-esistenza, della letterarietà trasporta una serie di attributi al Castel– lo di Desglands contrassegnato dalla preminenza di mar– che del reale, e viceversa. 163
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