Il piccolo Hans - anno IX - n. 33 - gennaio-marzo 1982
nazione assegnata all'incarico ongmario. In questa se quenza l'elemento rilevante è che sia Simon a prendere la mano del gioco: ( 5 ) � i I G (a lui dunque tocca occupare i due primi posti, anche quello della finzione con la cecità simulata, mentre il ragazzo non è altro che il suo strumento o per dir meglio l'oggetto verso cui si appunta la simulazione). L'ultimo blocco (ultimo non solo agli effetti di questa analisi, ma in quanto chiude praticamente lo svi l uppo · discorsivo del romanzo) va a collocarsi con e�idenza par ticolare sotto l'etichetta del ritorno dell'uguale e della slogatura cronologica. Seguendo alla cieca, è il caso di dirlo, il ragazzo, Simon si ritrova nel cul-de-sac degli inizi, ancora con il corpo infantile bocconi in una pozza rossastra; ancora su per le scale della stessa casa dove a riceverlo non è più la bambina Marie ma Djinn, stavolta parata d'un abito bian co e vaporoso da «spirito, da elfo» - almeno come ce lo tramanda lo standard cinematografico (e omologhi sono gli standard espressivi che l'accompagnano, debitamente virgolettati: «comme des flammes couleur de cendre», per dire); ancora il letto di rame, il crocifisso, i ceri e il ritratto del giovane marinaio «péri en mer». Djinn aggiun ge qualcos'altro a questi raddoppiamenti: spiega che tanto lei stessa quanto Simon non sono altro che immagini passate o future della mente malata del ragazzo che ora giace sul letto senza coscienza. La slogatura cronologica per cui in un istante presente possono incontrarsi e con vivere tracce di ciò che avverrà (Simon) e di ciò che è già stato (Djinn), si · risolve in una sostanziale negazione del tempo, almeno quale lo concepiamo di solito. I pro- 76
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