Il piccolo Hans - anno IX - n. 33 - gennaio-marzo 1982
Dunque Agatha è la messa in scena del linguaggio e il racconto non rappresenta la verosimiglianza della vita ma quella della sua memoria. Ora sembra che nel frattempo, tra memoria e vita (in Agatha e negli altri testi), sia accaduto l'irreversibile: un trauma del linguaggio a seguito del quale i soggetti non , possono più costruire il loro racconto, ma a loro può soltanto accadere il linguaggio, accadere la memoria. Que sta specie di grazia non accadrà al personaggio di Lol (ma piuttosto all'io narrante maschile che dice l'impossi bilità di lei); invece in Agatha la memoria accade, s'incar na nei protagonisti - sostanzialmente nella donna, Agatha - come esito di uno strano acting out allucinatorio. Rapimento, dolore, memoria. Del «rapimento» di Lol V. Stein si è scritto molto (Marcelle Marini, Michèle Mon trelay, Jacques Lacan). Ricordiamo l'episodio chiave che ha fulminato la ragazza di S. Thala: durante il ballo del casino municipale, una donna fatale dalla mortale ossa tura, dal vestito di seta nero, le ha rapito il fidanzato e tutto l'amore di cui Lol, a diciott'anni, era capace. Oltre a questo episodio, la vita di Lol è segnata da una dispo sizione particolare: una lacuna che non le consente la sensibilità al dolore e di conseguenza le farà vivere l'ab bandono in una fascinazione «anestetizzata». Lacan ha letto nel bizzarro nome di Lol il segno della sua petrifi cazione, il suo non poter né ricordare né dimenticare la scena del ballo; cioè il gioco fatale della morra cinese. «Lol V. Stein, ali di carta, V forbici, Stein la pietra. Al gioco della morra - dell'amore - finisce che ti perdi». Corpo anchilosato, opaco di Lol V. Stein. Ne deriva una precisa «indifferenza» dei suoi gesti sfocati, e la sua ele ganza vestita di grigio chiaro - tinta per eccellenza inde terminata, neutra... Dice Michèle Montrelay: «A Lol è man cato nella prima infanzia quell'oggetto di cui parlano gli analisti (...) quest'oggetto che dà consistenza al dolore e 46
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