Il piccolo Hans - anno IX - n. 33 - gennaio-marzo 1982

vogliono essere testimoni, ché la natura dei ricordi tra­ sfi gu rati in apparizioni oniriche è «un rilievo dell'attua­ lità» che si rappresenta senza presente, senza avvenire e senza principio: è puro suono dell'istante in cui il destino sfugge alla misura della storia 2 • L'esperienza d'una solitudine essenziale è ciò che al­ lora si conosce, ciò che più in profondo s'avverte nell'al­ lontanamento delle cose dal loro senso, nella loro presen­ za come assenza. La solitudine s'afferma là «dove incombe la fascinazione», come scrive Blanchot: nello spazio ove l'immagine esprime l'inaccessibile, l'assoluta distanza che genera la vertigine dello sguardo, del desiderio. «Fiamme seule, je suis seul» invoca un verso di Tzara: con la materia infiammata si consuma all'infinito la re­ verie del sognatore solitario. La passione della parola arde nel mormorio incessante della fiamma, sonorità primaria della lingua, intraducibile nell'ordine della comunicazio­ ne, delle corrispondenze discorsive. Infine, non resta altro che l'ascolto. La sottrazione del­ la parola stessa, la solitudine della pagina bianca: questo «grande deserto da attraversare, mai attraversato». Il bian­ co come «nulla doloroso, il nulla della scrittura», riporta la meditazione di Bachelard tra Mallarmé e Blanchot. La parola del reveur diventa esperienza del silenzio. Il Libro non sarà mai scritto. Chiara Agostini NOTE 1 Come ben ha visto Starobinski, è proprio questo «cogito della fantasticheria e della meraviglia» che sottrae Bachelard alle even­ tuali ipoteche junghiane: «le sue ultime opere ci mettono in guardia contro la tentazione di conferire ai simboli un valore sostanziale indipendente, poiché la filosofia dell'immaginario resta fermamente 225

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