Il piccolo Hans - anno IX - n. 33 - gennaio-marzo 1982
morire vorrebbe fare una torre» (p. 50). L'elogio della caffettiera («macchina miracolosa») e del gruppo da caffè («sorta di . microurbanistica da cucina») nasconde.forse, sotto forma di napoletanizzazione del mondo (il caffè è un -c-61toc; o forse il Mxoc; di Napoli), una tensione nei confronti delle questioni meridionali, dell'edilizia popola re, etc. Ben dissimulata, per non contraddire l'abito radi cal chic tanto rinfacciatogli e di cui ormai si è appropria to. Ma tante Casabella fa (quando era lui a dirigerla) si poteva trovare il racconto del laboratorio di Dalisi a rione Traiano, ora bisogna cercare altrove, magari su Spazio e Società. . Di questi tempi su Casabella non troverete più, oltre a Dalisi, né il memorabile Sottssass jr di «Voglio risolvere per sempre il problema mondiale dell'architet tura», nei «castelli di carte» di Eisenmann, e nemmeno un nudino da Frigidaire. Ai signori della speranza proget tuale non va giù la negativa disperanza di Mendini - o - se preferite - la speranza inprogettuale, o - come la chiama lui - il DeProgetto «creazione decongestionante che non ha come obiettivo la forma architettonica» (p. 42). Oggetti inutili, non usabili, non visibili, banali, cognac non francesi, vedute del vesuvio in plastica fosforescente, villette dei geometri, elogio di Ponzio Pilato, cinismo a bitativo: questa è la materia, batailleana ma non troppo, dell'architettura come addio (a Dio?). Ottimo pendant al Discorso sulla stupidità di Musil (stesso editore). Più esplicitamente teorico il discorso di Cappabianca. Se Mendini fa una critica del Progetto - atto metafisico - «i progetti non sono uno ma tanti, sono un intreccio volutamente contraddittorio e infinito» - Cappabianca, con operazione freudiana denuncia gli effetti disastrosi del ritiro dell'immaginario dall'architettura. L'immagina rio in questione, anche se inteso come «produzione di 220
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