Il piccolo Hans - anno IX - n. 33 - gennaio-marzo 1982
AMELIA ROSSELLI Impromptu Genova, San Marco dei Giustiniani, 1981 . Questa composizione è una danza metonimica dove i passaggi da un luogo all'altro sono sempre meno scatti violenti e sempre più flussi avvolgenti. Così che attraverso i versi ci si ritrova, come in un moto circolare, nel punto di partenza, ma con tutta la carica visionaria acquistata nel movimento e nel ritmo. Anzi direi che ognuno dei tredici brani, che fanno il poema, sono come giri di danza, una specie di andata e ritorno dove l'impasto «alterato» di astratto e concreto e libertà grammaticale danno il senso tragico di quell'unico sguardo che coglie in pieno lo sconvolgimento: lo sguardo sconvolto. Quei «voi» che sono i personaggi continuamente chia mati in causa cial monologo del poeta e gli interlocutori sempre anonimi e forse assenti, forse identificabili con il principio di costruzione del mondo; quella costruzione del mondo s'impasta e si confonde con tutto ciò che è stato forzatamente escluso e che ritorna straripando, inon dando. Sembra di vederlo il personaggio in cui si iden tifica il poeta prendere l'uno e l'altro, la normativa di una battaglia e il senso estatico dei colori o della luce del sole, e fame un quadro di rapporti nuovi e condizioni mai dette. Così: «Tarda tornavo alle parole che / mi sfuggivano; bloccata da promessa / d'un semplice linguaggio, il / lan guire era esteso una fiaba / d'innocenza nella solitaria trovata / d'un riposo in piena aria, fingendo / di non essere massacrata da voi». Questo linguaggio, allora, è la continua raffigurazione della finzione del sopravvivere che poi, vista · in positivo, è la condensazione dei significati caratteristica della fine. Come un'attività, la guerra, che continuamente richiama la morte, e la rimanda. 213
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