Il piccolo Hans - anno IX - n. 33 - gennaio-marzo 1982
tortuoso paesaggio mentale in subbuglio, fa eco una frana. di parole che si raggruppano o si sciolgono, che si spez zano lasciando un ribollire grumoso di tracce segniche tutte buone o tutte false, comunque diverse da quelle riconoscibili in origine se non si scava nel terreno della seduzione fantastica. Ecco allora che le affinità foniche del testo, le interiezioni, le cadenze ritmiche, le commi stioni lessicali, producono un intarsio sulla pagina ricco di riferimenti culturali, nonché il richiamo mitologico del bosco con tutte le sue importanti implicazioni magiche (o di maniera) alle quali il poeta lascia il meglio di se stesso, cioè le sue stesse ragioni d'esistere. È vero che la lezione prepotente di Zanzotto ha lascia to in Salaroli segni evidenti, bruciature visibili, ma è al trettanto vero che egli cerca di elaborare un proprio lin guaggio autonomo e sovente ci riesce pur tra inevitabili cadute di tono (imputabili del resto anche al suo maestro) e continui rifacimenti del filo perpetuo col quale tesse le sue dichiarate ossessioni interiori: «La talpa ormai sca va altrove: / traversa cunicoli - apre falle, / decategorizza l'insettivora: ammonticchia emergenze». In questo pantano idiomatico, l'io del poeta subisce dure sevizie, viene spostato dalla sua sede, ripreso e ri girato, virgolettato, confuso con l'io balbettante delle fi lastrocche, delle paure ancestrali, frantumato all'infinito, usato come soggetto ambiguo di emarginazione e, infine, programmato per una sia pure precaria coesistenza con il caos delle cose. Lucio Klobas 212
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