Il piccolo Hans - anno IX - n. 33 - gennaio-marzo 1982

ma un letterato: «la letteratura e la semiologia giungono così a coniugarsi per correggersi a vicenda» (p. 26). Lottare contro il potere, la violenza del codice, significa abiurare l'asepsi del segno praticata dai semioticisti e per­ seguire una semiologia negativa («apofatica» dice Bar­ thes) tradendo i segni, eludendo all'infinito la parola gre­ garia, moltiplicando le lingue all'interno dello stesso idio­ ma, mettendo in scena il linguaggio anziché semplicemen­ te utilizzarlo, facendo del sapere una festa. E a questb propositq c'è da dire che in Italia, se tutti hanno letto Barthes, ben pochi ne hanno imparato la lezione. HAROLD BLOOM La Kabbalà e la tradizione critica Milano, Feltrinelli, 1981 Marcello W. Bruno Maghi, artisti, mistici, astrologi, giocatori del lotto, pa­ rapsicologi, apocalittici, cartomanti, esoterici, bricoleurs della cultura e robivecchi, nella Kabbalà ognuno ha po­ tuto trovare quello che cercava; eppure nessuno prima di H. Bloom ha saputo scorgervi uno degli aspetti più evidenti, e cioè, se appena si considera l'importanza fon­ damentale che in essa viene attribuita alla parola, una teoria della retorica e della poesia. Neanche i poeti, che certo la Kabbalà l'hanno spesso frequentata e che pure di retorica e linguaggio qualcosina dovrebbero saperne. Ma il merito di Bloom non consiste tanto nella priorità della scoperta, che di per sé sarebbe forse solo una cu­ riosità, quanto nell'aver elaborato a partire da essa un discorso denso e complesso su ciò che implica leggere, scrivere e interpretare la poesia nella modernità (da Mil­ ton in poi, in prospettiva anglosassone). 207

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