Il piccolo Hans - anno VIII - n. 32 - ottobre-dicembre 1981
(II, 341). « In fatto di insano, io mi riconosco. Tu sai quale influenza ho sui folli. La lussuria e la follia sono due cose che ho molto studiato, dove ho navigato per mia volontà (...) La mia malattia di nervi è stata la schiuma di queste piccole facezie intellettuali. Ogni at tacco era una sorta di emorragia dell'innervazione. Pic cole perdite seminali della facoltà pittoresca del cervello, centomila immagini che saltano insieme in fuochi d'ar tificio. Vi era una lacerazione dell'anima e del corpo, atroce (ho la convinzione di essere morto più volte). (...) Avevo sempre coscienza, anche quando non potevo parlare. Allora l'anima era ripiegata su se stessa [ « non potendo espandersi l'anima si concentrerà », II, 151J (...) Nessuno ha mai studiato questo » (II, 377). « Cosa ho dunque in me per farmi amare a prima vista da tutto ciò che è cretino, folle, idiota, selvaggio? Quelle povere nature capiscono che io sono del loro mondo. Intuiscono una simpatia? Sentono fra loro e me un qualche legame? È infallibile» (II, 488). « Nelle mie intermittenze d'idiotismo, credo di es sere folle» (II, 618). « Mi attaccavo alla mia ragione. Dominava tutto an che se assediata e vinta» (II, 716). Tutto ciò entra nel quadro che ho tracciato nel II cap. di Miti e figure del moderno. Certo: malattia come « seconda vista», già in Novalis: « ogni malattia è an che malattia spirituale» ; e « non è forse la malattia, sempre, l'inizio del meglio?». In Flaubert però c'è la percezione del diverso che la malattia gli permette di vedere, non del meglio (questo è invece Mann: lo sguar do cupido d'abisso, la malattia che disgrega civilizza zione e scopre i valori eterni: croce morte e sepolcro). È la percezione quasi dell'immobilità dell'universo e del tempo (« sembra, in certi momenti, che l'universo si sia immobilizzato», II, 412): le ore vuote, perplesse di Musil o di Montale (delirio di immobilità), in quanto 115
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