Il piccolo Hans - anno VIII - n. 30 - aprile-giugno 1981

trambi attivi contro l'immagine d'oggi di una centra­ lità della registrazione che costituirebbe, se non il reale, la realtà stessa. Nessun notes magico, ma tanti notes che diano rappresentazioni sempre più esatte, ogni notes la sua riproduzione univoca, anche se magari in contrad­ dizione con tutte le altre. Nessuna memoria, solo una continua flagranza della registrazione del mito dei re­ ferente, dell'evento, auditivo, visivo, o supposto totale. Registrazione non tanto come garanzia di verità, quanto come affermazione fortissima di realtà in sé e per sé. Registrazione come fatto comunque meccanico che san­ tifica la realtà, come macchina applicata a una realtà per produrre un reale che la ricalchi. Tutto il contrario della produzione (magari sognata, vedi Descartes) di mo­ delli di una realtà-macchina. Tutto il contrario della com­ plessità freudiana del modello dei passaggi dalla perce­ zione alle tracce mnestiche. Come unica cancellazione e oblìo (senza memoria, in­ fatti, non si dà neppure l'oblìo; così come _ per vedere, in Char, è necessario poter chiudere ogni tanto s<;>vrana­ mente gli occhi), quella di una questione - teorica , � della verità. La realtà di una registrazione continua, sempre più sterminata e sel?-za memoria. Registrazione sonora, so­ prattutto. Suono come puro segno di . realtà, assai più dell'immagine visiva che immediatamente invita al con­ trollo, al confronto, alla ricerca di differenze 'con'. Forse, solo una paura (mia) di fronte _ al suono e alla voce che dominano sul discorso e sulle parole e che quindi su questo piano pratico, quasi «materico», vanno questionati. Di fronte alla voce (registràta) usata come « prova di realtà», indiscutibile ma anche indefinibile e smentibile, in questioni che parrebbero essere cdi ver.ità (tribunali). In attesa di una musica senza spavento, quindi, vorrò 71

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