Il piccolo Hans - anno VIII - n. 30 - aprile-giugno 1981

maledizione dell'apparenza, trasportando nella realtà la qualità dell'apparenza». Adorno può aver torto, o può aver· ragione. Ma la qÙestione che qui si pone mi sembra essere un'altra, adombrata - ancora una volta crit,icamente- in un sag­ gio adorniano di Prismi, «Valéry, ,Proust e il museo» (Torino, Einaudi, 1972, p. 186). «Proust sopravvaluta, come sogliono fare i dilettanti, l'atto della libertà nel­ l'arte. Spesso egli interpreta k opere non molto diver­ samente da come farebbe un neurologo, troppo come impronta della vita psichica di colui che ebbe la for!una e la sfortuna di crearle o di goderle e non · rende conto · completamente del fatto che l'opera d'arte, già nel­ l'istante della concezione, si presenti dinanzi al suo au­ tore e. al suo pubblico come qualcc;>sa di oggettivo, di esigente, con coerenza e logica proprie. Come la vita de­ gli artisti, così anche le loro creaziòni appaiono ' libere ' soltanto dal di fuo;-i. Esse nori sono né immagini riflesse dell'anima, né personificazioni di idee platoniche, puro essere, bensì 'campi di forze ' tra soggetto e oggetto». Come si vede, mentre ribadisce il suo giudizio di idealismo, di platonismo, Adorno imputa a difetto del modo di porsi di Proust nei confronti dell'arte·, proprio la cagione per cui, al contrario - e sia pure con un'ot­ tica e in un contesto particolari - esso mi sembra qui da privilegiarsi: quel · suo interpretare «le opere non molto diversamente da come potrebbe fare un neuro­ logo, troppo come impronta della vita psichica». L'ipotesi di ricerca da cui muove questa comunica­ zione - come del resto sarà apparso chiaro - è nella sua consapevole parzialità, in certo qual modo opposta a quella di Adorno, o almeno «parallela», nel senso di due parailele che non si incontrano, anche se non si può dire che si contrappongano. E' noto che più volte Freud ha sottolineato come i poeti, gli scrittori, abbia­ no colto più degli scienziati taluni elementi che si pos-

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