Il piccolo Hans - anno VIII - n. 30 - aprile-giugno 1981

le infinite risonanze di ogni ricordo con tutti gli altri. 'J'ai plus de souveniPs que si j',avais mille ans '». Pur­ ché ,si intenda il' ricordo ' nella memoria d'archivio , nelle forme 'sc_ritte ' e infinitamente correlate della vita ante­ riore. In questo contesto vale quanto diceva Bar . thes: «da­ vanti alla foto, come nel sogno, è il médesimo sforzo, la stessa fatica di Sisifo: risalire proteso verso l'es,senza, ridiscendere ,senza averla contemplata, e ricominciare da capo». Questo modo di ,ripercorrere il tempo mi richiama l'analisi della metafora (ossea) come interminabile pro- . cesso di ridiscesa nel «pozzo» dei significanti, che qui ritrovo nel movimento dell'allegoria verso il ,suo oggetto, della parola verso la sua ' memoria '; nel movimento stac­ cato - Benjamin parlava dello scatto del fotografo come di uno choc postumo - dentro una vita anteriore, dove il modo di procedere è quello descritto da Barthes: «i Greci entravano nella morte a ritroso: ciò · che essi ave­ vano davanti, era il loro passato». Benjamin interroga Al di là del principio di pia­ cere di Freud, e individua la separazione fra memoria e coscienza: la coscienza sorge al posto di una traccia ·mnestica. A questa divaricazione possiamo aggiungerne un'altra introdotta da Freud nel «Notes magico»: è dalla stessa discontinuità del sistema Percezione-Coscienza che ha ori­ gine la r,appresentazione del tempo. · Senza entrare nel finissimo tracciato freudiano, basta notare il duplice an­ damento degli apparati che coll!servano una traccia senza poterne ricevere altre, e quelli che ne ricevono altre senza conservare traccia di quelle che vengono a sostituire: _il foglio di carta e la lavagna. La fotografia sta dalla parte del foglio: essa si presta come «tecnica» per il ricordo come gli appunti di cui parla Freud. In definitiva l'ar­ chivio fotografico serve la memoria come un prolunga­ mento di una funzione - Pinzi Ghisi direbbe una protesi. 151

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