Il piccolo Hans - anno VIII - n. 29 - gennaio-marzo 1981
qualche cosa del difuori; esso è per dir così già conte nuto nell'intérieur e vi · si attua come per un'autocombu stione o una precipitazione chimica - fiamma, gas o fantasma. Lo stesso . testo del racconto, dove sembra se parare, in effetti agglutina, omologa: « Ci strinse la ma no e si accomiatò da noi. Fuori il vento urlava ancora, e la pioggia scrosciava e séiaguattava contro le finestre. Pa reva che questa storia inverosimile fosse giunta fino a noi fra la pazzia degli elementi, portata dalla tempesta come ima distesa di àlghe marine che ora gli stessi ele menti infuriati stàvano per inghiottire... » Ma la pioggia, il vento, la minaccia di morte a Openshaw non sono al tro che i bordi che definiscono lo spazio interno · produt tore di attività fantasmatica; essi ne sono pertanto inse parabili, giacché senza di loro quello spazio non sarebbe · neppure più tale. Colo Verso la fine degli Anni Ottanta, secolo scorso, uno scrittore codifica in atto le leggi di un tipo di fantastico (anche se preferirei il termine « meraviglioso ») che co stituisce un ottimo esempio di adeguamento alle idio.sin crasie e ai bisogni del secolo stesso. Lo scrittore è, ovvia mente, Arthur Conan Doyle; l'esempio, la saga di Sher lock Holmes. E'. abbastanza sorprendente (quando non sintomatico) che Holmes non abbia mai avuto a che fare con Jack the Ripper: lo Squartatore essendo ,l'autentico inventore di quel fantastico whitechapeliano che si iscri ve perfettamente fra la carica allucinatoria dell'interno (soffitta, taverna, tana...) e i suoi prolungamenti neces sari ma anch'essi « conclusi » (strada, quartiere, carroz za...). Il principio che sta alla base di tale fantastico - è che la città intera si configura come luogo chiuso, luogo preferenziale delle immagini. Se lo sÙaordinario dell'av- 59
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