Il piccolo Hans - anno VIII - n. 29 - gennaio-marzo 1981

Forzati ad andare e venire tra cose che si .lasciano (le cose stesse e i1l nostro linguaggio delle cose), nella confessione estatica di una fame che non sopporta di restare in sé, si spera che l'afferenza del mondo non sia afferenza del ' possibile ', senza ri-conoscenza. · · Cercare un ,rimedio a questa condizione è il sogno del racconto, il ° cui tesoro è il mondo inteso come divinità allegorica. Consultare il mondo nel .linguaggio - racco­ gliere nello sguardo l'intenzione della vita - attarda anche il .linguaggio. Noi saremo nel mondo, ma il mondo non è qui per qualcosa - sempre si richiude a chi si volge. Chi si trattiene in questo -labirinto come in una città perso­ nale, finirà per .dimenticare le ragioni délla sua venuta. Poesia è questo intervallo tra noi e le cose, questo sentimento interrotto per cui _si vede non vedendo al. cun oggetto, si dice senza dire ciò, si parla senza prote­ zione, si scrive quello che non si può pensare. Non direi che ci sia un silenzio della poesia. Il silenzio . precede. Silenzio è sostenere la trascendenza dell'essere, · che non può incarnarsi nel ilinguaggio. n linguaggio è misteriosamente inesperto, parn.Ja per se stess� (atmanepadam) come il medio del verbo per i grammatici indiani. Dopo l'apertura degli occhi e ila preliminare chiusura della bocca; linguaggio è il « .•. nutrito dal dio silenzio dei padri... » (Oracoli caldei, des Places, fr. 16), vuoto possibile nutrito da un'attrazione magica al reale. Il ,lettore possibile giace nel sonno, e nel sonno · il mondo agisce da lontano. Egli immagina che il testo sia il frutto di questa distanza, frutto che annuncia un ritorno, e che da qualche parte ci sia, ci sia stato o stia per esserci ciò che nel testo viene detto. Immagina che il poeta abbia legato, raccolto, radunato altrove per dire qui, secondo le avventure del verbo léghein. Anzi, il let­ tore possibile è curioso dell'origine del ricordo, guarda ...... 192 '·

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