Il piccolo Hans - anno VIII - n. 29 - gennaio-marzo 1981

occupa, nonché l'insignificante (cioè una combinazione non accolta da una lingua costituita), perfino i signifi­ canti relazionati ad altri significati. E' incontenibile. L'acrostico all'opposto coagula un significato nel mag­ ma dell'insignificante; riunisce grumi di nominanza pe­ scandone i dati · in una dimensione estranea all'epifania del senso. All'inizio fu l'anagramma; l'anagramma che diffonde in molteplici combinazioni la formazione verbale primi­ tiva. L'acrostico è a posteriori: non fa che restaurare qualche significato nel seno dell'enorme massa di com­ binazioni a cui la lingua costituita non ha collegato un significato. L'anagramma crea; l'acrostico redime. Per questo l'anagramma è ricondotto al nome di Jahwè, il Dio creatore, la cui parola (dixit) ha avuto come termine relazionale il cosmo (factum est); il nome che, secondo la tra . dizione ebraica, contiene in sé tutte qu_ante le lin­ gue. Il verbo che era in principio non è (se si riporta l'ini­ zio del vangelo di s. Giovanni alle prime parole del Ge­ nesi), il significato o senso che è già ,lì e riflette un signi­ ficato primo e originario, bensì il significante che non ha nulla di anteriore a sé e che si espande non mai iden­ tico a se stesso. L'acrostico invece si diffonde non per caso, come pratica effettiva, con l'affermarsi del cristia­ nesimo; e non pér caso privilegia il nome di Gesù o il simbolo della croce. Da questi esempi supremi appare chiaro come l'acrostico sia una forma di esibizione, per­ ché mira all'ostentazione smisurata del rappresentato, mentre l'anagramma sia una forma di occultamento, al quale tende mediante la perdita della stessa identità fi­ sica del rappresentante. Viste dunque le relazioni (pur se antinomiche) che corrono fra i due artifici, è giusto trattare l'acrostico occulto alla stessa stregua dell'ana­ gramma, una volta adattatane l'interpretazione alla diver­ sa natura. Come ho detto la presenza di acrostici occulti è stata 10

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