Il piccolo Hans - VII - n. 27 - luglio-settembre 1980

male, e il caso in cui dico le parole senza provare il dolore. Io sono anche (inoltre) pronto a parlare su qual­ siasi x che stìa dietro le mie parole fintantoché questa x conserva la sua identità. Non è il tuo rimprovero un po' come dire: « Nella tua lingua it:u stai soltanto parlando! » Ma perché -no11: dovrei dire « lo ho male al dente nel suo dente»? Io insisterei a che il suo dente fosse e­ stratto. Chi è presupposto gridare se il dente è estratto? Che significa: distribuire l'esperienza primada su tut­ ti i ,soggetti? [Cf. sopra, p. 70]. Immagina che essi ab­ biano 1tutrti realmente male ai denti, ai propri denti. Il mal di denti che solo tu hai. Ora sto descrivendo certi fatti. (Non metafisici, ma dei fatti che riguardano la coinoidenza di certe esperienze). Egli riceve un colpo e grida - io penso: « non c'è da meravigliarsi, perché fa male sul serio». Ma non direi a me stesso: Strano che egli grida, poiché io sento senz'altro il dolore - · ma lui?! .P are . esserci un fenomeno a cm .m generale . mi rife­ risco con 'mal di denti ': esso, l'esperienza insegna, è sempre connesso con una persona particolare (non ' io ' ma) L.W. Ora, m'immagino alcuni fatti diversamente da quello che sono e lego questo fenomeno alle persone più svariate in modo da escludere ogni -tentazione di chiamarlo 'il mio mal di denti'. ' Vedo così e così ' non significa la persona così e così, p€-r es., L.W., vede così e così. Un ,gioco linguistico in cui ciascuno annuncia . ciò 91

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