Il piccolo Hans - VII - n. 27 - luglio-settembre 1980

non possiamo fare a meno di dire a noi stessi che è il nome di un oggetto etereo. Voglio dire che noi già riconosciamo !',idea di " oggetti eterei " come una scappatoia, quando sia­ mo imbarazzati sulla grammatica di certe parole e quando tutto ciò che sappiamo è che esse non sono usate come nomi di oggetti materiali. Questo è un suggerimento riguardo a · come il problema delle due sostanze, mente e materia ,' deve dissolversi». Se questo è il suggerimento di una soluzione, in che modo e dove è soddisfatta la sua promessa? Il nocciolo della risoluzione proposta da Wittgenstein al « problema delle due materie» giace, penso, nell'Ar­ gomento del Linguaggio Privato. Ma questo è un argo­ mento che conduce al -risultato che un linguaggio pri,. vato è impossibile. Come può la soluzione di un pro­ blema ontologico essere tratta da un discorso sul lin­ guaggio? L'approccio di Wittgenstein ai problemi filo­ sofici è, comunque, di smantellarli mostrando come essi sorgano quando noi siamo fuorviati dalla grammatica di superficie del nostro linguaggio. I problemi filosofici sono, nel · suo punto di vista, generati tutti in ultima analisi dal linguaggio e sono perciò tutti risolvibili esa­ minando la sua « grammatica filosofica». Noi non fac­ ciamo questo catalogando strutture sintattiche o i vari usi ai quali le espressioni sono applicate come i filo­ sofi del linguaggio ordinario sembrano aver presunto, ma cercando quelle proposizioni (propositions) che noi consideriamo essere necessariamente vere - proposizioni alle cui negazioni ci è difficile dare un senso. Tali pro­ pos1z10ni sono, per Wittgenstein, « proposizioni gram­ maticali»; esse ci mostrano qualcosa sulla grammatica (filosofica) dei termini che contengono. Esse rivelano anche proprietà essenziali e relazioni interne (costituti­ ve) e in questo senso . rivelano anche la natura delle cose di cui stiamo parlando. Perciò nelle Ricerche egli dice: 123

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