Il piccolo Hans - anno VII - n.26 - aprile-giugno 1980

Il gioco consisteva nel lanciare successivamente un sasso piatto, « ciappa», o una moneta, nei vari riquadri, e nell'andare a riprenderselo in ordine crescente di diffi­ coltà. Se il lancio, infatti, riusciva - se cioè la «ciap· pa» cadeva regolarmente nella casella, al primo giro - come si diceva - era sufficiente andare a prender­ selo camminando, con l'unic� avvertenza di non toc­ care le righe. Ma la seconda volta occorreva andare saltando a piedi uniti, la terza a pie' zoppo... e l'ultima, addirittura, bendati. Analogamente, nel gioco della palla contro un muro, la prima volta bastava raccoglierla in mano dopo il rim­ balzo, la seconda occorreva farlo solo con la mano de­ stra, la terza · con la si _ nistra, poi operando con le braccia, un mulinello, un mulinello doppio, a pie' zoppo, com­ piendo un �iro, . due giri su se stessi, e da ultimo, anche in questo caso, bendati. Lo schema, con varianti solo formali, era quello , dell'antichissimo gioco degli aliossi, o delle pietre piatte, da lanciarsi in aria e raccogliere con la mano, in varie e sempre più complesse �< posi­ zioni». Va osservato che se il gioco di regola si presentava come agonistico (avrebbe vinto chi per primo avesse realizzato tutto l'iter delle regole), molti bambini trascor­ revano anche delle ore a giocarlo da soli, e non tanto per «allenarsi», quanto per il piacere che dava loro. Accadeva anche che intorno ai giocatori, o al giocatore, si formasse un piccolo pubblico di «spettatori». Del resto non ho mai visto nessuno arrivare a capo, sino in fondo, a tutto l'iter richiesto. In questi modelli di gioco, e nei moltissimi altri più o meno simili, si ritrova qualcosa che è sostanzialmente analogo � quanto accade in molti giochi di adulti. Da quello supremo degli scac­ chi, ai giochi di carte, al calcio, al tennis, eccetera, è l'universo delle convenzioni, o regole, che ne costituisce l'interna ragione ed il fascino. 84

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