Il piccolo Hans - anno VII - n.26 - aprile-giugno 1980
ipotizzava Freud come il meglio nel passo della Trau medeutung dal quale a:bbiam preso le mosse. Qui, in fatti, «l'intenzione di trovar la rima» non solo è traspa rente, ma si pone esplicitamente come modulo portante delle catene ritmiche e semantiche. Nel caso delle lasse narrative sarebbe infatti impensabile che serie assai lunghe e complicate di «pensieri» possano «scegliere fin dall'inizio» ... «per reciproca induzione l'espressione linguistica che con una facile elaborazione successiva fa sorgere l'identità del suono». E' più probabile, in que sti casi, l'ipotesi contraria: che a partire dalla identità . del suono in rima venga costruito il verso, e - al li mite - «il pensiero». Questo tipo di funzionamento si ritrova, spinto forse alle massime conseguenze, nella «sestina», non a caso fatta oggetto di così minuziose indagini dagli studiosi del testo poetico. E' un po' quanto avviene negli acrostici, ove la let tera iniziale di ogni verso determina in larga misura il verso intero, o addirittura i «pensieri» della compo sizione. O nei limericks di tradizione inglese, ove l'ef fetto _è dato dalle rime stravaganti ed incongrue, in fun zione delle quali vengono redatti i cinque versi che, di regola, lì compongono. Un gusto che si ritrova, del resto, in molta poesia giocosa, colta o meno, di vari Paesi. Si pensi, per citare un solo caso, ad alcune rime del ditirambo di Francesco Redi , Bacco in Toscana: gio lito/crisòlito; nappo/incappo; nepente/esente; corpusco lo/crepuscolo; Cervogia/barbogia; tangheri/gangheri; ra peronzoli/mediconzoli; imbacucco/zamberlucco, eccetera, eccetera. Ma con quest'ultimo esempio, o con i limericks, en triamo già in un campo di ricerca che va forse ulte riormente isolato e messo a fuoco: quello della funzione non-sense della rima, che ha trovato in Lewis Carrol non so ' ltanto colui che l'ha praticata in modo for- 82
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