Il piccolo Hans - anno VII - n.26 - aprile-giugno 1980
Gioi' di volere e gioi' di pensamento e gioi' di dire e gioi' di far gioioso e gioi' d'onni gioioso movimento: per ch'eo, gioiosa gioi', si disioso di voi ' mi trovo, che mai gioi' non sento se 'n vostra gioi' il meo cor non riposo.» La comparazione tra questi due sonetti, a partire dalla loro struttura formale offre forse un altro ele mento, questa volta emergente · « malgrado tutte le cen sure tra le lettere» (l'espressione è di Lacan, L'instance de la lettre dans l'inconscient, Ecrits, p. 505), che per mette di passare dalla decifrazione alla interpretazione, o almeno a una ·« costruzione» ipotetica. Tutte le resi stenze di cui è portatrice l'elaborazione formale, sotto l'aspetto delle asprezze, della rigidità, della tetraggine, della iterazione questa volta ossessiva, nel sonetto che amo chiamare « il sonetto della saisina », lasciano in travvedere quella che si potrebbe chiamare - sia pur per metafora, una « resistenza inconscia» alla passività e all'abbandono totale alla donna, e al « suo star dipor tato» (al comodo suo) là dove è il suo (di lei) « dipor to»; e quindi l'esistenza di una tensione che finisce per incidere, in maniera sintomale, sulla struttura ritmico fonica del sonetto, e sugli stessi esiti grammaticali, sin tattici, lessicali. III Proviamo a riassumere e - come si diceva - - a stringere in un quasi-discorso univoco queste sparse os servazioni e considerazioni sulla rima. E' nota l'analisi che nelle prime pagine della Psicopatologia della v ' ita quotidiana Freud compie di una sua dimenticanza di nomi propr , i (già ricordata in una lettera a Fliess del set- 79
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