Il piccolo Hans - anno VII - n.26 - aprile-giugno 1980

«porto» e derivati, morto. Nella seconda terzina, altri/ porti e ei/mei/lei. L'iterazione si presenta in forma, oserei dire, osses­ siva; la rima ha tµtta la forza incoercibile di una coa­ zione, se non addirittura di un feticcio (e non dimenti­ chiamo che «feticcio» deriva da facticius, cioè «arti­ ficioso», «artefatto»). Ma spostiamoci dalla catena significante all'asse se­ mantico. Il «contenuto» - come si diceva una volta - è un topos, un luogo comune della temperie poetica entro cui si colloca: il soggetto (colui che qui dice «io») passa da una situazione di sofferenza - o di errore - ad una di sicurezza - o verità. Ciò accade mediante l'intervento di una donna, che potrebbe essere, allusi­ vamente, la Madonna, la salvatrice per eccellenza. Ciò che nel sonetto di Guittone appare tuttavia, ri­ spetto al topos, accentuato, è la passività: il soggetto era trattenuto (aportato) fuori della porta, gli era impedito l'accesso al porto. La donna lo trae a questo porto. « •La mia fede verso la donna che io amo è così illimi­ tata che non mi permette di spingermi a nessuna de­ terminazione, ma mi lascia guidare in tutto e per tutto da lei». Persino il porto cui è pervenuto gli si addice solo se ella non lo rimuova per trasportarlo altrove, «là dove comporta il comodo suo». Ciò che conta non è perciò il porto («Non comportara/-ch'altri mi comporti/ nei porti»). «Non tollererei che altri mi portasse seco nei porti - mi facesse raggiungere la meta», perché ciò che conta è essere portato, guidato da lei. Non è forse casuale neanche la scelta, nel verso 3, di un fran­ cesismo assai raro, saisina, da saisvr, «afferrare», molto più forte, lessicalmente, di «prendere». . «Si jo te doinse la raine Aver et mette en ta saisine» 77

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