Il piccolo Hans - anno VII - n.26 - aprile-giugno 1980

- Comunque un romanzo rimane sempre tale anche quando dice di non esserlo! Io credo sia . solo questione di strategia. Di fronte all'occhiuto ciclope... e con que­ sta immagine mi riferisco alla critica che conta le sue pecore... Ulisse ha sempre bisogno di mille stratagemmi per trarsi d'impaccio, compreso quello di farsi chiamare Nessuno. - E qui quanti ciclopi ci sono? I signori monocoli sono pregati di alzare una · mano in fiducioso abban­ dono. - Ma è poi giusto rapportare Se uria notte d'inverno · un viaggiatore a Jacques le fataliste et son mal.tre? - Già il titolo così in sospeso sembra fare il verso a vecchie modalità narrative. - Vabbé, ma perché fra le tante , proprio quella? - Per entrambi la forma preferita di esposizione è quella viva e attuale del ,dialogo, entrambi · si rivolgono al lettore e assieme a lui giocano col possibile e col reale. In ambedue i casi ci imbattiàmo nella sistematica presenza di nµmerosi racconti estranei alla narrazione principale. E poi, in fondo, entrambi gli autori partono dal riconoscimento dello stato di guerra, e direi anche di guerra di senso, che domina la società civile. · - Per l'appunto, • solo che l'indimenticabile roman­ zo cicogna di Diderot portava un nuovo nato. Avvolta nel fazzoletto del fatalismo c'era la soggettività trion­ fante dell'individualismo borghese, mentre il Lettore di Calvino mi pare piuttosto uno che si lascia agire, un . poveretto qualunque a cui non è concesso leggere un .-romanzo per intero. Il fatalismo .di Jacques è l'esecu­ zione della propria volontà, il perseguimento garantito dai propri desideri, ecco, il fatalismo interviene solo a garantire la giustezza della propria scelta, è un po' co­ me pensare che nei propri , desideri d sia già dentro una volontà superiore. Quell'ossequio al determinismo divino èJ una fiducia in se stesso che non vuol ,dirsi tale, 172

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