Il piccolo Hans - anno VII - n.26 - aprile-giugno 1980

di Ballantrae», oggi come oggi potrebbe essere opera, suppongo, solo del cinema. Forse perché nel film riman­ gono ancora aperti e direttamente percorribili certi pro­ cessi primari. Se questo regge, i quattro occhi aiute­ ranno a individuare in parecchi films, non necessaria­ mente d'autore, non bergmaniani né bufiueliani, oscil­ lazioni, spostamenti, meccanismi che non pertengono alla sola cultura cinematografica e che possono venire proiettati altrove come ipotesi di qualche utilità. Consiglierei quale specimine per sommaria notomiz­ zazione, il film « Alien» di Ridley Scott, non indegno firmatario dei «Duellanti». Fantascienza addirittura di girone B, come sostengono alcuni? ripresa al modo rétro e dunque intimamente reazionario, del tema ormai antico del mostro? Per correttezza intellettuale s'impone una temporanea epoché in proposito. Del resto, indico soltanto una possibile lettura. Non sarà casuale che un disegnatore di fumetti di «Métal Hurlant» sia stato chiamato a creare gli scenari del pianeta abbandonato con i suoi relitti e soprattutto gli interni dell'astronave «Nostromo», teatro del nefas. Si può richiamare qui, non a sproposito, una pagina -di Benjamin sul valore e significato dell'intérieur. Il film che per tre quarti si svolge in interni, gioca non solo figurativamente sulla contrapposizione fra un piccolo spazio chiuso, di un bianco abbagliante nitido, avve­ niristico, rigorosamente funzionale, che è . il posto di comando con annesso computer - luogo « tecnologico» per eccellenza, con i prevedibili pannelli luminosi, spie clignotanti , tasti, manopole etc, vale a dire il consueto armamentario della fantascienza; e uno spazio smisu­ rato, che èJ il resto dell'astronave: sorta di cantinone, sfilza di navate da chiesa gotica ingombre di macchinari rugginosi e improbabili, catene pendenti, bombole am­ maccate, sportelloni bernoccoluti da onesta cucina a gas, cunicoli carcerari o tombali, feritoie da « in pace»: , 162