Il piccolo Hans - VI - n. 24 - ottobre-dicembre 1979
trarsi, qualche singolo sguardo. L'interpellazione che ne consegue non è certo un fatto nuovo, ma può _ essere un fatto forte se sostenuta dentro lo spazio della sor presa in cui cade il soggetto. E' come se la tranquillità sospesa del gua11dare fosse increspata dall'improvviso essere guardati, naturalmen te tutto dipende dalla qualità di questo controsguardo, dallo spazio ·in cui si muove, dalla violenza dell'inter pellazione che ne consegue, dal luogo infine dell'inter pellazione, se cioè si muove psicologicamente o, per dirla in una parola sola, simbolicamente. Essere guardati da un attore che siamo andati in teaitro a vedere può essere piuttosto fastidioso, al mas simo provocatorio, ma essere guardati dai referenti« cul- · turali» che sa smuovere, è tutt'altra cosa. Lo spazio della finzione quando riesce a prendere quota attra versa forse una zona in cui funziona per lo spettatore - come significante non solo interno dell'opera, ma anche di tutti i referenti che questa porta. Ulla Alasjarvi non mi pareva allora muovere il corpo isterico, semmai lasciava . sottilmente insinuare allo spet tatore il senso disagevole di essere lui isterizzato davanti alla storia antica, per dire esterna al teatro di verosi miglianza, del teatro. Mi veniva da chiedermi -se non fosse prerogativa di un certo teatro - vogliamo pensare quello greco? - il fatto di manifestare un nucleo paranoico. Con tutti quegli sguardi, e soprattutto con quell'essere dentro una rete in cui l'attore ti attira mentre gli ti affidi inconsa pevolmente, o anche solo per posizione, e poi in quella rete ti guarda. Sia che lo faccia fisicamente, sia che porti sopra di te spettatore il sentimento che qualcosa ti con cerne da vicino, ti smuove dalla posizione iniziale, e ti porta in una zona molto più pericolosa nella quale resti in qualche modo sospeso a quell'altro che ti gua11da o ti parla. Similmente alla costruzione paranoica. Né ha 171
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