Il piccolo Hans - VI - n. 24 - ottobre-dicembre 1979

elefanti, incappa in una trappola tesagli dai mierga e dagli umani. Nel liberarsi, compie una strage, e degli imi e degli aitri. Ho voluto qui sommariamente riassumere il roman­ zo di Antonielli, pel'Ché ne eme:,;gesse, a prima vista, il risrcontro metaforico: de re tua agitur, ciò di cui si tratta, in maniera esplicita, è la nostra vita, anzi la nostra società. Il sospetto, persino, è di una autobio­ grafia immaginaria. Siamo dunque molto lontani dal­ l'uso simbolico che dei suoi animali, elefante compreso, ha fatto Paolo Volponi nel Pianeta irritabile. Qui, per parafrasare una nota espressione di Vittorini (gli astratti furori), le bestie impersonano, ,sostanzialmente, le astrat­ te virtù: il coraggio, la tenacia, la fiducia, quanto oc­ corre per, se non altro, tentare di rimettere in piedi un mondo distrutto dagli uomini; quello stesso che uno dei due . cani protagonisti di Cassola - l'altro non è che una delle tante patetiche figurine di vinti e di intri­ stiti care all'autore - si trova intorno a sé, una terra apparentemente intatta, ma senza più vita. Animali, dunque, - molto diversi tra loro, e diversis­ simi, poniamo, dai felici gatti di Eliot (Old possum's book of practical cats, trad. it. di Roberto Sanesi, Il libro dei gatti tuttofare, Milano, Bompiani, 1963). Ma le fila­ strocche di Eliot sono state stampate nel 1932, prima di molte cose, tra le quali la seconda guerra mondiale, Auschwitz, le atomiche, l'inquinamento crescente... E forse proprio questa comparazione aiuta a capire, almeno in una certa misura, ciò che contraddistingue gli animali di Volponi, di Antonielli, il cane sopravvissuto (per poco) di Cassala. Essi sono, per così dire, animali « postumi », sostituiscono, con la loro presenza estre­ ma, un mondo umano che non esiste più - di fatto o metaforicamente. Non a caso, in questo Elefante soli­ tario come nel Pianeta irritabile, si muovono in un uni- 167

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