Il piccolo Hans - VI - n. 23 - luglio-settembre 1979
di pezzente, affonda nel buio i suoi infiniti effetti. A suo modo utopia complica, sdoppia? Solo appa rentemente, perché a questo punto il riconoscimento di realtà al finito, alla storia, diventa difficile: « Ivi non partecipò alla vita politica, benché ne avesse tutta la competenza come risulta dalle sue opere. La ragione è che ormai il popolo s'era assuefatto ad un diverso · regime politico» 3 • Lo sdoppiamento a questo punto non c'è più, e neppure l'interpretazione del reale, per ché la ragione vive solo in utopia, e solo apparente mente è in mezzo a noi; perché sta aspettando un po polo « non assuefatto»: prima del peccato originale o almeno prima del diluvio, dopo la Salvezza o almeno dopo la rivoluzione. Il sogno c'è già stato, sotto forma di leggi che non funzionano ed etiche irrealizzabili come in un incubo collettivo; e l'interpretazione c'è già stata tutta perché s'è trovato che le disfunzioni sono nell'essenza di un mondo che andrebbe rovesciato to talmente; non ci sarebbero desideri inappagati o na scosti se si partisse dai veri desideri, non ci sarebbero destini oscuri se si cancellasse il passato. Questa dimensione dell'utopia spiega l'illuminista stanco che si rifugia nella paura, nella vecchiaia, nella demenza. Ma c'è un'altra tradizione che complica que sto rapporto tra ideale e reale, tra trionfo e fallimento, tra ,giovinezza e vecchiaia. A partire dall'opera di Tho mas More; ma da tutta l'opera (chiamiamola Libellus) e non dalla sola descrizione di Utopia, che occupa solo una parte del libro. 5. L'interpretazione dell'opera è sempre stata difficile e contradditoria perché ci si è scontrati sempre con la difficoltà di spiegare il rapporto tra Thomas More e Utopia. Rapporto che è tutto il contenuto del Libellus, e non una premessa da cui partire per poterlo inter pretare. Il Libellus dà conto della complessità dei rap- 148
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