Il piccolo Hans - V - n. 20 - ottobre-dicembre 1978

zione di dipendenza ben sottolineata dalle connotazioni infantili attribuentegli e dalla ripresa, per designare la du­ chessa, di immagini appartenenti all'esperienza africana del protagonista: sauvage, bourreau. Perché il viaggio possa avere un termine, bisogna che le posizioni si ribaltino, che il rapporto di dipen­ denza si capovolga e la duchessa accetti quella condi­ zione « infantile», passiva e relativa, che fino ad allora era toccata a Montriveau. E' ciò che avviene dopo l'episodio del rapimento quando, invertitisi i ruoli di bourreau e victime, la duchessa sperimenta, insieme all'amore, una sorta di rinascita spirituale che ne fa l'enfant di Montriveau 61• Il sogno di Antoinette esce dall'ambiguità �« ton obéissance et ma liberté» 62 ) nel momento stesso in cui essa recupera il suo ruolo « na­ turale» di « pauvre petite chose à toi» 63 , ma per tra­ dursi non in viaggio unanime bensì in solitario pellegrinaggio. Il tempo diviene quello sospeso dell'attesa: se prima era la resistenza passiva di Antoinette a:d imprimere il suo ritmo al rapporto, ora tocca a Montriveau opporre un'analoga resistenza. A lungo assoggettato alla legge del silenzio, egli impone alla duchessa il crudele con­ trappasso dell'assenza: ma, in questo modo, il rap­ porto perde, con il suo centro di equilibrio, ogni reciprocità. Se infatti, nella prima parte del racconto, è Mon­ triveau a trovarsi in una situazione di impotenza, inca­ pace di far prevalere una parola suscettibile di convin­ cere la duchessa, nella seconda, non solo Antoinette non riesce a convincere Montriveau neppure quando è sincera ma perde anzi ogni interlocutore possibile. Al­ l'impotenza della parola corrisponde quindi il brusco rifiuto della comunicazione che si esprime attraver­ so l'assenza. In entrambi i casi, dimostratasi la pa­ rola un mezzo povero, i due protagonisti, in altret- 49

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