Il piccolo Hans - V - n. 20 - ottobre-dicembre 1978

no parole di Weininger) di uno « spirito distruttore, che nulla lascia d'intatto», che rende problematico l'accostamento di Lacan al pensatore austriaco. La parola piena di Weininger è, anzitutto, un silen­ zio di morte, certamente più assimilabile alla luttuosa 'persuasione' di un contemporaneo come Michelstaed­ ter, che non alla lacaniana 'parole pleine'. Questa, lun­ gi dall'essere portatrice di un discorso che, come Rella scrive nella già citata prefazione, ritrova la pienezza dell'essere « attraverso la negazione della differenza» (e quindi della mancanza), è parola che dice il manque tramite il quale il soggetto si costituisce nella catena significante: dunque nulla che ecceda le freudiane co­ struzioni in analisi, o che sia comunque inscrivibile in un contesto 'altro ' da quella 'anamnesi signifi­ cante' che l'analisi rappresenta. E' in questa prospettiva che si deve giustificare l'espressione « la femme n'existe pas». Essa non si­ gnifica, come vuole Rella, che « il grande Altro della verità si istalla là dove è cancellata l'alterità storica », ma all'opposto, che la donna (la differenza) proprio perché è non-tutta rappresenta quella verità dove ogni Sapere totalizzante fa naufragio. Non vi è in Lacan soppressione della donna in nome di una Legge che sia, finalmente, trionfo della 'Kultur ' nella tragedia del negativo e quindi, come Rella scrive in una nota della sua prefazione, « 'ipotesi ' di soluzione del 'di­ sagio della civiltà '»: la donna è, anzi, il disagio che il sapere del soggetto incontra nel luogo dove la cer­ tezza di sapere si trasforma di nuovo in domanda (quella freudiana: W as will das Weib ?) . Se in Weininger vi è l'apologia della soluzione eti­ co-ascetica come possibile rimozione del disagio, que­ sto resta, in Lacan, la condizione stessa del linguaggio, la genesi di una interrogazione che non cessa di mo­ strare, di esso, l'insuperabile apertura e inconciliabilità. 195

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