Il piccolo Hans - V - n. 20 - ottobre-dicembre 1978

qualità di parola di tale prodotto organico di un « esterno viscerale». Ciò si manifesta in maniera perfino sfacciata nella comparsa dei puri significanti che bor­ dano, non dirò chiudono, la propaggine estrema del so­ gno e insieme reimmettono il sognante (scrivente) nella veglia e nel testo tutore, ormai estraneo all'altra « lim­ pidezza, all'altra « •logica ». Ma un quinto significante, «Aiace» (<e Aias») che P,roust esibisce dirò c osì in extre­ mis (<e Non capivo neppure più perché il senso della parola' Aiace ', pronunciata proprio allora da mio padre, fosse stato subito 'Bada a non prendere freddo ' senz'al­ cuna possibile incertezza...») indica quanto lo scrittore sia andato oltre le relazioni convenzionali del narrato con il sogno, e la riproduzione di fenomeni familiari a tutti e dunque rùconoscibili con gratificazione. Il tetra­ gramma «Aias» ,si trova infatti praticamene disseminato nel testo immediatamente precedente del sogno, attra­ verso la ricorrenza della parola cc sais» (« tu sais», « tu qui sais», « je ne sais») che punteggia, come interca­ lare dubbioso ma non gratuito, il discorso del padre. A questo punto non sarà neppure necessario aggiungere un particolare :in apparenza secondario: che cioè l'intera sequenza del sogno si trova inserita nelle dissertazioni del direttore dell'hotel di Ba:lbec, che sono tutte intes­ sute di storpiature, solecismi, cc equivoques». Un fantasma s'aggira in Svevo ,e Quest'era il mio concetto finché credetti nell'auten­ ticità di quale immagini! Ora, purtroppo (oh! quanto me ne dolgo!) non ci credo più e so che non erano le immagini che correvano via, ma i miei occhi snebbiati che guardavano di nuovo nel vero spazio in cui non c'è posto per i fantasmi». La coscienza di Zeno segna in qualche modo un caso limite, proprio per la tipicità del contesto. I resoconti di sogni abbondano, come è noto, 18

RkJQdWJsaXNoZXIy