Il piccolo Hans - V - n. 20 - ottobre-dicembre 1978

lora credetti di ricordarmi che, poco dopo la sua morte, Ja nonna m'aveva detto singhiozzando, con un'aria umile, come una vecchia domestica scacciata, come un'estra­ nea: - Mi permetterai almeno di vederti qualche vol­ ta...». Il «credetti di ricordarmi», sotto la forma dub­ biosa della memoria, introduce in realtà nel sogno dirò così primario, un secondo sogno �ipotetico), un sogno subordinato che segmenta e dunque struttura il tempo narrativo onirico secondo schemi che non appartengono più né alla oronologia «da ,sveglio» né propriamente all'economia del sogno ma piuttosto a un mixtum com­ positum prodotto dalla fiction. La fondamentalmente corretta comprensione del sogno da parte di Proust si corona nella chiusa delle sequenza: «Pure sai che vivrò sempre con ,lei, cervo, cervo, Francis Jammes, forchetta. Ma già avevo riattraversato il fiume etc.». Al bordo del sogno cade fa verità dei significanti, finconscio, direbbe Lacan, «si legge». A livello di questo esempio proustiano che cosa se­ lezione il sogno in quanto figura della narrazione? 1) Un significativo spostamento di valore del «fuori» e del «dentro», che non si trovano più in semplice opposi­ zione. Il racconto onirico non muove dall'esterno, anzi si supporta in contrasto alle «choses du dehors»; esso è una produzione organica di un «interno» che tutta­ via ,non s,i qualifica come Juogo del pensiero, dell'anima, ma come «viscere». La dimensione rigorosamente ma­ terialistica di questo «parlare del corpo» ha come ef.fotto un rovesciamento inevitabile ,dell'«interno» in «esterno»; il procedimento ,linguistico e sintattico di queste pagine raffigura, mi sembra, la proiezione ossia espansione del «dentro» in «fuori» o, come sarebbe meglio dire, la coscienza che questo «dentro» è un «fuori», fino a trovarsi spontanemente sulla linea della affermazione facaniana a proposito dell'inconscio, del- 1'«impropriété qu'il y a à en faire un dedans». 2) La 17

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