Il piccolo Hans - V - n. 20 - ottobre-dicembre 1978

libertà come suo momento interno o modo di autorea­ lizzazione, e la libertà si muove entro una direzione di senso (una teleologia, una «natura») che essa può real­ mente frustrare (diversamente · non sarebbe libertà) senza poterla cancellare. Resta quindi definito lo spa­ zio per una decisione «propria» (nel senso di auten­ tica); dove decisione esclude la naturalità, l'automati­ smo della spontaneità, e proprietà (autenticità) dice la conformità a un originario, presente non come datità ma come destinazione. Il momento formale della li­ bertà come scelta è dunque inserito entro il movimento pieno della libertà come realizzazione del senso ori­ ginario. Si può allora parlare di una essenza indivi­ duale, si può parlare di persona; si può anche parlare di anima, purché si restituisca il termine alla sua ma­ trice religiosa, liberandolo dall'armatura cosmologica di cui l'ha rivestito la tradizione aristotelico-tomista. Biblicamente diremo che ogni uomo ha un nome 45 , il suo nome singolarissimo, non interscambiabile, che è la parola di Dio pronunciata su di lui e rivolta a lui. Se è l'uomo a dare il nome alle cose, è Dio a dare il nome all'uomo; se è il verbo umano a far emergere dal caos le figure cosmiche, è il Verbo divino a strap­ pare al nulla (di senso) il soggetto umano. Che questa singolare compenetrazione di libertà e obbedienza, di attività e passività, di dono e di impe­ gno, trovi il suo profilo esemplare in una figura fem­ minile, può offrire, entro il quadro generale di un uma­ nesimo biblico, un più specifico suggerimento per una tipologia dei sessi che ne riconosca la differenziazione senza pervertirla in discriminazione. Ma qui vogliamo piuttosto indicare, senza svilup­ parle, due figure classiche del rapporto religioso, che andrebbero rilette sulla linea del nostro abbozzo teo­ retico del nome come essenza individuale. La prima è l'immagine del padre, di grande rilievo 151

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