Il piccolo Hans - V - n. 20 - ottobre-dicembre 1978

Nell'episodio confJuiscono e si urtano la malattia, la mascherata, il suicidio, l'anima, la bontà, l'abiezione, il corpo, il bel gesto gratuito, l'« io, io farò» eccetera. Ii sogno vi inietta, vi fa apparire il proprio ideogramma che somiglia, alla fine, all'oggetto enigmatico, sorta di disco volante anamo:rfico, che veleggia attraverso il qua­ dro di Franz Hals « Gli ambasciatori» e che ha dato lo spunto, come ognuno sa, ad una applicazione psicoana­ litica. Il sogno dostoievskiano corrisponde a una contro­ spinta ndlla sintassi narrativa del racconto: effetto che probabilmente nessuno stratagemma �ingui , stico o re­ torico avrebbe , raggiunto con la stessa efficacia e ambiguità. Quell'interno che è il difuori Parlavo di « piacel'e» :per il frammento leopardiano. Sembra difficile introdurre un'altrettale gratificazione per il testo di Dostoievskij, semmai esplicitamente sotto il segno dell'orrore e del disgusto. Ma si potrebbe chia­ mare in causa {se lecito...) J'Interpretazione dei sogni e quanto vi ,si ,dioe sul carattere del sogno come soddi­ sfacimento di un desiderio. Su questo punto, cioè sul punto del d esiderio, mi rpare giusto fermarsi un mo­ mento e chiedersi che cosa desideri Jo scrittore nel mo­ mento in cui sceglie di inserire un sogno - per defi­ nizione fittizio - nel suo testo. L'ipotesi più ovvia è che lo scrittore, con il sogno raccontato, non solo sod­ disfi i desideri romanzeschi del personaggio ma anche, forse ,soprattutto, gratifichi vicariamente attraverso la finzione una propria specifica attesa personale, che dun­ que si potrebbe leggere inscritta nel contenuto (mani­ festo e latente) della sequenza onirica inventata. E' possibile fare un passo più in là e ipotizzare che fo scrittore desideri profondamente di fare un sogno ossia di produrre dentro quel microcosmo che è il racconto 14

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