Il piccolo Hans - V - n. 20 - ottobre-dicembre 1978

sitivo dell'assenza di macchia; il nome, o conferimento di identità personale. Prima di tentare una fenomenologia di questi sim­ boli dobbiamo introdurre alcune avvertenze. Anzitutto, il riferimento all'Immacolata, quando non vien fatto in precisi contesti di dibattito a carattere spe­ cialistico, va oltre lo specifico di un contenuto diffe­ renziante, e connota per intero la persona di Maria. Accanto ai titoli funzionali (come Madre di Dio o Cor­ redentrice) e a quelli personali settoriali (come Vergine o Addolorata o Assunta), Immacolata viene a esprimere l'identità ontologica e storica di Maria, la sua singo­ larità di vocazione e di realizzazione: funge dunque da titolo personale totale. In secondo luogo, parlando di posizione eccezio­ nale di Maria, non si è voluto attribuire ad essa un carattere extraumano. I teologi discutono se la mario­ logia vada trattata come parte della cristologia (ac­ centuando così il carattere di unicità di Maria - ac­ canto a Cristo - e la sua diversità/contrapposizione ai comuni credenti) o come parte della ecclesiologia (sottolineando la continuità con la chiesa, comunità dei credenti). Letta secondo la sua intenzionalità simbolica, l'Immacolata si muove entro lo spazio ecclesiolfJgico; l'aspetto di contrapposizione vive all'interno di una lo­ gica di confronto: in Maria il credente vede ciò che egli non è ma vorrebbe e dovrebbe essere; dietro l'en­ tusiasmo laudatorio (« tu, così diversa da me») sta, più profondo, l'anelito identificatore (« tu, specchio della mia verità»). La rilevanza di una lettura dei sim­ boli mariali è dunque antropologica: qui noi vogliamo sentirci ridire quel noi stessi che sfugge alla presa delle nostre analisi introspettive e delle nostre filo­ sofie della storia; vogliamo esercitare quella riflessione ermeneutica che Ricoeur chiama « l'appropriazione del 134

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