Il piccolo Hans - V - n. 20 - ottobre-dicembre 1978

sta forma di tridente, nella sua speciosità «fantasma­ tica». Ma il senso davvero sconvolgente della visione viene dato attraverso la sequenza: «perché di quelle bestiacce in natura non ce ne sono, e perché essa era venuta espressamente in camera mia...». Nel testo, tra­ dotto, ma che debbo ,supporre ricalchi l'originale, l'av­ verbio espressamente è in corsivo, segnale di rilevanza attribuita a tale modalità. L'avverbio testifica ila preesi­ stenza dell'animale-monstrum al luogo che si apre, come cavità luminosa, come scena, nel sogno (la stanza di Ip­ polìt, però non la sua stanza...). Il potere di significa­ zione che il «tridente» acquista {ridotta o meglio rias- 1 sunta a tridente, la bestia non è altro che una runa, una · sigla, una lett-era), risulta sostanzialmente dal suo collocarsi in ,quel luogo, che è insieme luogo del sogno e luogo di una certa tessitura verbale, e collocarvisi espressamente: che indica non solo run valore s e man­ tico, peraltro sbarrato o intraducibile ai fini del rac­ conto («che cosa vuol dire i1l tridente nella storia di Ippolìt, di Mishkin, degli ailtri?»); ma anche un valore di funzione, di necessità. Il «tridente» è -lì, riveste una finalità (narrativa), vuole «dire»; ma nello stesso tempo non si sa che cosa voglia dire ,secondo la grammatica tradizionale del testo che precede e segue il sogno. E' un segno che donne le change come ogni buon oggetto onirico. La funzione che nel frammento ,leopardiano assu­ meva l'«orma», fa «nicchia», il vuoto, qui è assunta per opposto da un «eccesso»: eccesso di particolari repugnanti, eccesso di movimento (la caccia alla bestia, il suo sbranamento da parte del Terranova), eccesso di eccitazione nel sogno e negli eventi romanzeschi che l'incorniciano. In mezzo a tale eccedenza d'ogni tipo, il tridente ossia la Lettera scava il suo minuscolo vortice <li deflusso. Dostoievskij dà in queste pagine dell'Idiota una delle sue drammatiche orchestrazioni di opposti. 13

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