Il piccolo Hans - V - n. 20 - ottobre-dicembre 1978

' accidentalità necessaria ' anche se talmente estesa da costituire quasi una specie a sé. La donna, animale delle scienze della natura non è che il riflesso della donna oggetto - nella forma del dono o della merce - dello scambio sociale, ed en­ trambi non sono che il risultato di una spoliazione perpetrata sul suo corpo, di un sequestro violento del suo immaginario. Ma la verità parla altrove. Nel mito è affidato a Tiresia (l'indovino cieco il cui sguardo si èJ posato, un tempo, su ciò che è necessario ignorare sia esso la sessualità di Atena o la generazione primordiale dei serpenti) il compito di svelare qualche cosa dell'imma­ ginario femminile, di rimuovere, per un attimo, l'in­ giunzione al silenzio che lo ha colpito. « In quel tempo Zeus ad Era discutevano tra loro se il genere maschile o quello femminile aveva più parte nell'amore. Fu scel­ to a giudice Tiresia. ' L'uomo gode solo una decima pai:te ' fu il suo giudizio ' le altre le completa la donna godendo con l'anima'. Era fu adirata che egli si fosse espresso così e lo punì con la cecità» 26 • Ciò che non si può dire non è tanto l'eccesso del godimento femminile, quanto il suo essere connesso all'immaginario, sottratto quindi alla contrattualità del rapporto sessuale, errante rispetto al tempo e al luogo del godimento maschile. Ma ciò che ci deve far riflet­ tere è che sia Era stessa, la divinità femminile, a pu­ nire Tiresia per la sua infrazione collocandosi, in tal modo, dalla parte delle istanze rimuoventi. Da parte sua, Zeus, premia invece Tiresia attribuen­ dogli le qualità di indovino e facendolo vivere per sette generazioni. La cecità, rispettto all'immaginario, il misconoscimento dei suoi fantasmi, costituiscono ap­ punto la condizione perché si formi un sapere nelle forme, stabili e perenni, della organizzazione simbolica. Il mito rappresenta la posizione disimmetrica dell'uo- 112

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