Il piccolo Hans - V - n. 20 - ottobre-dicembre 1978

al gioco di parole, al motto di ,spirito, aJl'atto mancato come formazione dell'inconcio. Ber ,sua natura si arti­ cola non quale ,semplice metafora, ma come sistema di figure, come particolare «.retorica». Così, deoidere di raccontare un sogno in un romanzo o in una poesia vo!'rà dire implicitamente prendere coscienza di una serie di modelli d'applicazione e d'intervento che inve­ stono la scrittura. Stefano Agosti ha presentarto in un saggio su Yves Bonnefoy, pubblicato da « L'Arc» n. 66, analisi e osservazioni davvero preziose su'lla funzione del sogno in alcuni testi di quel poeta, funzione che non è « di riprodurre contenuti insoliti o rari, ma di sottomettere a un regime diverso il sistema d'organiz­ zazione dei dati dell'esperienza» e aggiunge molto altro d'illuminante sul mpporto ,sogno-oblio e suLla doppia natura falsa e vera del sogno. Non si può che riman­ dare al suo ,saggio. Introdotto in un testo, il ,sogno vi aggiunge ciò che manca all'economia espressiva di quel testo; è , solo superficialmente paradossale che « aggiun­ ga» nella forma di una «mancanza». D'improvviso esso « fa vedere» qudlo che non c'è nel racconto, nella scrittura, nel soggetto. Forse a questo punto si riesce a qualificare il godi­ mento prodotto nell'auto:re {ma poi nel lettore) dal ri­ corso al •sogno: è il piacere di cedere al non-più�sottopo­ sto-alla-legge • Cs'intende, della narrazione di veglia) nel­ l'istante in cui si ha coscienza che esso significa « al­ trove» e . che insomma c'è ·un'altra legge. n piacere sussiste nelUa contemporéllileità dei due stati. Il sogno - si propone dunque come una formula generativa specifica di effetti letterari. E' qui che diventa possibile rintrac­ ciare il suo funzionamento e la gratificazione che ne deriva (il suo pia o ere). 11

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