Il piccolo Hans - V - n. 20 - ottobre-dicembre 1978

concatenarsi di rapporti di causa-effetto, quanto la sincronia del modello meccanicistico - la sua attribu­ zione di posizioni funzionali - il discorso isterico me­ rita uno spazio privilegiato di ascolto. Esso impedisce infatti che la psicoanalisi si cristal­ lizzi nel sapere, si accumuli nell'archivio, si riproduca nella scuola, dimenticando la sua collocazione, destrut­ turante, nel luogo dell'inconscio dal quale, come luogo dell'Altro, provengono le determinazioni che essa indi­ vidua e ricostruisce sin nelle ramificazioni ultime. Leg­ gere il testo di una bambina, isterica quanto basta per dirci qualche cosa sul godimento femminile, acquista così il senso di una interrogazione sul farsi della sog­ gettività femminile, colta nel momento in cui il filo del discorso la tende tra il corporeo della fantasia au­ toerotica e il simbolico della rappresentazione culturale, conservando quella fruttuosa indecisione tra i due ver­ santi che caratterizza le produzioni dell'immaginario infantile in quella stagione della vita in cui, come os­ serva Freud 1 4, i due sistemi non si sono ancora dif­ ferenziati in modo netto e definitivo. Francesca reca in dono un suo scritto: ha sette anni e comincia appena ad avere le capacità di organizzare un componimento. Ma questo, che si estende su quat­ tro facciate di fogli di quaderno a grandi righe, è qualcosa di più: le parole, singole o a gruppi, sono scritte con colori diversi che ne connotano il significato emotivo: le espressioni di dolore sono blù, le negazioni rosse, il « bambino » rosa. Il tutto ricorda gli ex voto, i ricami a piccolo punto, i tatuaggi. Durante gli incontri precedenti avevamo affrontato so­ prattutto le sue fantasticherie, i sogni ad occhi aperti, quel materiale che - dapprima strettamente connesso alla masturbazione - se ne distacca poi sino a costi­ tuire una esperienza autonoma e ad accrescersi vigo­ rosamente incorporando i più svariati apporti prove- 104

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