Il piccolo Hans - V - n. 19 - luglio-settembre 1978

soolarle, come di solito avviene. Calvesi ne rè 1001I1sape­ vole, ed è sul piano politico che interroga i nessi in questione. La sua posizione sembra iriassumib i 1e in quanto scrive a pag. 58: '«il futurismo, e analogamente il recente «movimento», non ,è1 portatore di un'rideo,lo­ gia reazionaria; ma il suo spontaneismo liberatorio lo espone a possibili, (tùtt'altro che necess a rie) involuzioni di destra, tanto più dove intervengano forze interessate a farne proprie, subdolamente, slogan e insofferenze». Sul «tutt'altro che necessarie» egli giustamente inisi­ ste; mi sembra anzi questo il leit motiv più stimolante e problematico: e lo fa rattraverso un itinerario che appare assai più 1 rioco di determinazioni della sempli­ cistica risposta data a ,suo tempo da Julia Kristeva all'«Espresso»: « Espresso: Ma allora perché Céline o Pound si · sono legati al fascismo? Kristeva: Perché quando si arriva all :1. dissoluzione di ogni punto di ri­ ferimento (famiglia, dio, arte eccetera) nasce il bisognò di un ordine, ,di un padre nel quale , riconoscersi. Se si scatena l'angoscia, la libido, la crisi, nasce anche il tentativo di investirle in una Istituzione, un Ordine, un Partito»; un giudizio che ne echeggia molti altri, dati a ,suo tempo sul '68 iin una chiave che, attraverso una rozza metaforizzazione del linguaggio psicoanali­ tico, lo rende tutto l'opposto del pensiero di Freud: un passe-partout da guardiano notturno, buono ad aprire tutte ,le .serrature c on il minimo di sforzo. (Ma va te­ nuto presente che certe 'interviste ' non fanno certo testo per le idee, e soprattutto per le formulazioni, degli intervistati). Il filo che segue Calvesi, :si diceva, è più sottile; ed è volto alla dimostrazione che più che al dadaismo •e al , surrealismo, il «movimento» del '77 possa rife­ drsi al futurismo: alle sue idee, ma soprattutto alle sue intenzionalità politiche. Anzi, questo filo, tenta un accostamento - non immotivato - tra talune formule 168

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