Il piccolo Hans - anno V - n. 18 - aprile-giugno 1978

- -questa sì solenne e dolente - del poema: la morte di Rodomonte. Senza negare tali aspetti, sembra tut­ tavia lecito il correggerli e lo sfumarli. Nella II Satira leggiamo: «Ma chi fu mai sì saggio o mai si santo che di esser senza macchia di pazzia, o poca o molta, dar si possa vanto? Ognun tenga la sua, questa è la mia.» Forse nel �< sì saggio» e nel ,«sì santo» vi è un'eco della tradizionale immagine del conte Orlando, «uom che sì saggio era stimato prima»; ma nel ,seguito vi è anche il tipico «understatement» di Ariosto, il cui filo scorre, e si rivela attraverso minuti indizi, anche nella follia narrata nel Furioso. 1 E così i momenti «realistici » di cui l'episodio è disseminato 1«il fumo del comignolo» della casa campestre che ha ospitato Angelica e Medoro, i pastori che , guardano meravigliati il folle, i gitanti della barca che · Orlando insegue nel mare di Gibilterra, più che determinare un effetto di contrasto, agiscono nello stesso senso... il mondo, si potrebbe dire, con­ tinua. E, nell'episodio in cui il conte vuole scambiare la sua cavalla, morta, {ma k< medicabile», a'lla stravolta ragione) con il ronzino di uno sfortunato pastore, in­ dividuiamo facilmente l'emergere di quel genere tanto diverso di «follia» che si manifesta più che come «per­ dita» come ·«scarto» della ragione, sclovskiana «mossa del cavallo». Non esaminerò i vari episodi di questa follia di Or­ lando. Cercherò invece di riprendere i fili del discorso da cui sono partito. Nell'Aiace, di Sofocle, l'eroe, caduto in preda alla pazzia per un'ingiustizia subita; tornato in sé, per la vergo r gna si uccide. Nell'Eneide, Didone, abbandonata da Enea, volnus alit venis et caeco carpitur igni, 1 «nelle sue vene alimenta una ferita, da cieco fuoco 72

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