Il piccolo Hans - anno V - n. 18 - aprile-giugno 1978

Logicamente e cronologicamente, per il lettore, l'ot­ tava che narra quest' ep isodio, nel canto XIX, può a,ppa­ rire a prima vista piuttosto incongrua: e Ariosto la chiude con uno dei suoi bruschi passaggi ad altre vicende. Ma di Marfisa a ricontarvi torno. e di Orlando riparla - direttamente - solo nel canto XX!III. E' stato più volte osservato, a proposito del Furioso, che il rapporto tra tempo reale, cronologico, e tempo narrativo è estremamente sfalsato; che anzi, al limite, vi è nel poema una forte tendenza alla «simultaneità»; in modo più semplice, è una sua caratteristica che pa­ recchie vicende, riguardanti i diversi «eroi», si intrec­ ciano e si diramano «contemporaneamente», come se l'occhio ariostesco le vedesse svo1gere, dall'alto, in un modello simulato di realtà. L'effetto di questa specifica anticipazione, tuttavia, dell'apparizione del folle sulle spiagge di Catalogna sem­ bra avere una valenza in più: qui il punto visuale si sposta alla coppia Angelica/Medoro. Dalla loro ottica di amanti felici alla vigilia di partire per il favoloso Catai, quel bruto subumano e sozzo, denota tutta la distanza che separa ormai Angeli'Ca non solo dalle stragi e dalle venture della guerra, ma dalle passioni che ha voluta­ mente suscitato, e fosse pure in un uomo quale il conte Orlando, fiore dei paladini di Carlo. Ma all' exit di Angelica dal poema, Ariosto imprime un sigillo ironico e quasi grottesco. Inseguita, nel canto XXIX, dal folle Orlando, la donna di tutti i sogni non fa in tempo, prima di sparire con l'aiuto del suo anello magico, a evitare una goffa caduta da cavallo «levò le gambe et uscì de l'arcione e si trovò riversa sul sabbione» (65, 7/8) 70

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