Il piccolo Hans - anno V - n. 18 - aprile-giugno 1978
una assoluta indifferenza alla comunicazione. Ciò che infatti egli comunica èl niente altro che la propria vo lontà di non comunicazione. Con il linguaggio della follia, si entra nel luogo del- 1'osceno. Non solo perché Amleto-il fool parla il lin guaggio volgare del doppio senso sessuale; ma perché conduce nel luogo obscene, cioè off-scene, fuori scena, della lettera: della verità che tutti vogliono nascondere. L'apertura di linguaggio che il fool porta disordina la grammatica del potere, e del sapere, della corte. In quella status society che è la corte « un interdetto pro tegge i segni e assicura loro una chiarezza totale» che è anche il massimo di nascondimento, come è evidente ad Amleto. Nella corte, ancora per molti versi descri vibile come quel tipo « medievaLe» che Lotman indi vidua parlando del tipo di rapporto che una cultura intrattiene con il segno, esiste una langue, e tanti co dici, ma non una parole. !II linguaggio individua caste, clans, personae (nel senso di maschere sociali); non un soggetto con una sua soggettività. La rottura del ceri moniale linguistico è sentita come infrazione grave al- 1'ordine delle cose - « i segni (neHa corte) sono in numero limitato, a diffusione ristretta, ciascuno con il suo pieno valore di inteI1detto» - che cessa solo nel caso del fool. L'universo linguistico democratico che conosciamo è frutto di successive operazioni: di una emancipazione del segno più tarda. Il segno « libero ed emancipato», di cui parla Bau drillard, che segna ila fine del segno obbligato, è con quista della democrazia concorrenziale, cioè di una con tractual society, che apre i segni indifferentemente a tutti i gruppi sociali. Anche se già qui - in questo teatro - il disagio verso questa circolazione obbligata, endogamica, è evidente: ad esempio, nel terrore e nella minaccia con cui si avverte la possibilità di contraffa zione, e quindi di riproducibilità del siegno: come in 59
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