Il piccolo Hans - anno V - n. 18 - aprile-giugno 1978
rienza onmca in quanto indistinguibile da quella dii veglia, ma vedi ancora le risposte a Gassendi: « quando dite che avrei potuto concludere ,la stessa cosa [la mia esistenza] da un'altra qualsiasi delle mie azioni, vi sbagliate di molto, pe11ohé non ce n'è una della quale io ,sia del tutto ,certo, iDltendo di questa oertezza metafisica della quale sola qUIÌ è questione, salvo il pensare.. Infatti, p.es. questa deduzione non sarebbe ibuona: 'io cammino, quindi sono ', ,se non in quanto la conoscenza interiore che ne ho è un pensiero, es c lusivamente grazie al quale io ne ho certezza, ,e non per H movimento del coq>o, iJ quale a volte può essere falso, come nei nostra sogni, benché pure in rtal caso ci possa sembrare di camminaI1e...» (...) Anch'essa mi fa credere quindi di essere o fare qual cosa di cui poi l'alternarsi della veglia mi fa per lo meno dubitare; e qui si deve consentire con Derrida, anche perché la replica di Foucault si limita a ribadire un ' opposizione nell'ordine del rappresentato, mentre an che il sogno può rappresentare le situazioni più strava ganti (fare I.e affermazioni · più assurde) quando comun que la sua stravaganza è proprio nella possibilità di rap presentare ogni cosa come fosse in veglia ma in assenza di veglia. Per questa via, si arriva forse al « Che io sia folle o no, Cogito, Sum» di Derrida per Cartesio? Sarebbe strano, visto ohe se mai, in tale prospettiva, si giusti ficherebbe un « Cogito, Sum, quindi sono folle»; sono· infatti diventato certo, e muovendomi appunto dentro al tuttavia che apriva uno spazio tutto interno (tutto im mediatamente successivo) a quello della follia. - Sì., introduco questo ' io ' (prima persona) disturbante la cui non assunzione nei riguar,di della follia tur,ba tanto giusta mente Foucault. « Io sono un uomo e sogno» ma « se prendessi esempio dai pazzi, non sarei meno strava gante di loro»; quindi, allarga Foucault, io Descartes che medito non posso dirmi folle, ed è proprio così - 108
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