Il piccolo Hans - anno V - n. 17 - gennaio-marzo 1978

va rimanere solo . Quando , era so}o, si voltava alla fine­ stra, al viale, vuoto nelle ore del pomeriggio, al di là del cancello. Le visite lo inquietavano. Sul notes scrisse: Nessuno. Lisaveta si avvicinò a lui e gli chiese di farle capire a che pensava. Charles, con l'indice, batte due volte sul foglietto e sulla parola scritta a matita. Lisa­ veta gli chiese se volesse vedere N., che aveva ricordato spesso quella loro conversazione su De Maistre. Charles fece di no con la testa. (Testimonianza di Ax). Tra i biglietti di Ax ce n'è uno in cui si legge: Edgar! Ce nom a tellement rempli sa vie, tellement bourdonné aux oreilles d� ses amis et meme de ses amies qu'il fau­ drait le répéter de suite pendant plusieur pages pour rendre l'effet de l'irruption de ce personnage dans notre monde. Je crois que la première notion que Charles eut de l'écrivain américain lui fut donnée par une tra­ duction de deux ou trois morceau, entr'autres (sic) le Chat noir publiés par une dame Adèle Meunier (?) dans le Journal du Loiret (chercher le nom de la dame)... Taccuino di Lisaveta. Nel pomeriggio dormiva. Di tanto in tanto, il tram strideva alla curva del viale e Charles si voltava sul fianco. Faceva fatica. Dovevo aiu­ tarlo io. Pierre, che non ha mai parlato di quei giorni (non andò mai alla clinica) ha saputo da Lisaveta pochi par­ ticolari. Tra gli altri, questo: che il pomeriggio dormi­ va e che il tram, alla curva, lo svegliava. Nient'altro. La clinica era sempre silenziosa. Pierre dice che il si­ lenzio della clinica mise alla prova i nervi di Lisaveta. Che lei credette di odiare Charles. Lo guardava, duran­ te quei pomeriggi: lo guardava dormire, e nonostante fosse un uomo di piccola statura le pareva immenso, ingombrante. Lisaveta era sola. Charles no. P , ierre com­ menta che la solitudine, per Charles, era stata una scel- 91

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