Il piccolo Hans - anno V - n. 17 - gennaio-marzo 1978
minaccia di morte, credendo perciò di dover essere fe deli almeno al proprio personaggio. La realtà polizie sca e carceraria restituisce la dimensione della vendetta e della vendetta corsa, èhe l'apparato giudiziario aveva fatto dimenticare. Nei giochi immaginari, giochi della pI'estanza, non c'è affatto bisogno di avere una 1« causa» sacra ,da di fende!'e per affrontare i più grandi rischi. Non è il caso certo di estasiarsi sulla morale o la « legge» del �< mi lieu», che tuttavia comporta un minimo di solidarietà con il gruppo e di coraggio nell'affrontare la morte. Non èl certo che i clan che praticano la vendetta corsa, abbiano spesso molti punti di riferimento etico in più. E inoltre si è sempre tentati di ,giudicare il gruppo av versario, a pa·rtire dal proprio modo di funzionare, e reputando, per esempio, che il sistema giuridico e poli ziesco non ha altra funzione che quella di proteggere la rapina organizzata ,dalla borghesia. Interpretazione, senza dubbio, che è stata sostenuta anche da persone molto dotte, e che effettivamente è alla base della so lidarietà tra le generazioni degli umiliati. Per l'accusato, colui che è già stato chiamato pregiu dicato, quel suo avere a che fare con l'Ordine Giuridico fa parte di momenti che si inscrivono in una storia che è sua, ma anche della sua famiglia, dei suoi parenti e di quelli con cui egli ha vissuto e vivrà. Quando si parla di colpi e risposte, che vengono scambiati nei termini della vendetta e della vendetta corsa, non significa dun que dare un giudizio di valore che tende a ,giustificare l'atto delittuoso o criminale, nonché a diminuire la mae stà dell'apparato giuridico . Ma si vuol soltanto affer mare che l'azione di colui che amministra la giustizia, come quella di colui che la subisce, non si possono in terpretare che in funzione della batteria simbolica di cui l'uno e l'altro sono portati, del resto incosciente mente. '11 magistrato rimarrebbe scandalizzato se gli si 69
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