Il piccolo Hans - anno V - n. 17 - gennaio-marzo 1978

OAS), ai quali si rimprovera di aver un po' esagerato soprattutto di essersi sbagliati. Osserviamo tuttavia che se costui è scappato alle grinfie della «Giustizia», mai nessun ·« bisogno di punizione» verrà a turbarlo, ,e po­ trà proseguire un'onorevolissima carriera senza nean­ che temere di affermare pubblicamente, quando potrà farlo, la sua perfetta buona coscienza. E' là che appare tutta l'ipocrisia di quel « un nome di» che giustifica la condanna. Laplanche 28 vi si richia­ ma senza dubbio per affermare che è ciò che conva­ lida la condanna. Cosa mettere al posto di quel « in nome di...» se non la legge? Ma la legge di chi? Vi si trova formulata la domanda della «Grund Norm» Kel­ seniana. L'ebreo e il comunista condannati a morte da un magistrato « in nome del...» suo giuramento di fedel­ tà a Pétain, che a sua volta ubbidiva a Hitler, incon­ trano proprio lì il proprio destino; e senza dubbio il magistrato vi incontra anche il proprio, più apparente che nell'esercizio della sua professione in tempi meno torbidi. Tutto ciò non ha granché a vedere con la Giu­ stizia. Nello ·stesso modo, ci fu bisogno di tutto l'ap­ parato di Norimberga per poter dimenticare che i giu­ dici dei fornitori di Biichenwald, erano essi stessi i for­ nitori di · Katyn e saranno responsabili dei campi del Gulag o del Vietnam. Anche se si coglie un'idea di morale internazionale, ciò non toglie che tutto ciò s'ap­ parenta oon i meccanismi della vendetta e del regola­ mento di conti. Ma ciò lo si imputa agli apparati di Stato; non agli apparati giuridici che sono necessari per « legalizzare» la violenza del padrone del momen­ to. Perché tutti si mettono d'accordo per custodire l'im­ magine ufficiale dell'Ordine Giuridico nelle sue fun­ zioni quotidiane. Per il comune accusato, il quale deve invece aspet­ tarsi che « il concetto e la misura della pena (siano)... improntati alla 11atura dei suoi · atti», le cose comin- 66

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