Il piccolo Hans - anno V - n. 17 - gennaio-marzo 1978

onora il criminale come un essere razionale. Quest'ono­ re non gli viene accordato se il concetto e la misura della pena non sono mutuati dalla natura del suo atto; come pure quando non è considerato che come un ani­ male nocivo che bisogna mettere in condizione di non nuocere, o che si vuole intimidire, o blandire ». Queste frasi potrebbero essere di un teologo impla­ cabile, o di Padre Bruckberger, celebre sostenitore del­ la pena di morte. Sono di Hegel, e citate per la stampa da uno psicoanalista, Jean Laplanche 25 , il quale tra­ scura di dirci le ragioni della sua personale opposizione alla pena di morte, tranne .le sue paure di un errore giudiziario. P:oco importa questo scrupolo che non con­ vincerà mai nessuno, quando i fatti sono sovrabbon­ dantemente provati e confermati. Tutto ciò che Laplan­ che dice, può servire di argomento all'acqua per otte­ nere un aggravamento della sanzione penale . In ciò allo­ ra egli avrà operato nello stesso senso di tutti gli esperti psichiatri, i quali non vengono a testimoniare se non per dire che l'accusato è senza dubbio un po' svitato, ma non deve sottrarsi alla legge. Perché, nel caso con­ trario, non avrebbero aspettato, è evidente, tutta que­ sta messa in scena per inviarlo al manicomio. J. iLaplanche mette innanzi con solennità l'argomen­ to del « bisogno di punizione », di cui il criminale sof­ frirebbe. E' un vecchio argomento di cui Verdier ci ricorda che fu già utilizzato da Tarde 2 '. L'autorità di Freud non vi aggiunge niente, proprio al contrario, per­ ché Freud non l'ha mai utilizzato per giustificare l'ap­ parato repressivo. Ciò che noi in psicoanalisi intendiamo per bisogno di punizione, non ha a vedere che acciden­ talmente con un crimine o reato effettivamente com­ messo; esso può soddisfarsi altrettanto bene con una malattia, uno scacco professionale, un incidente auto­ mobilistico etc... Quanto alla colpa che esigerebbe una punizione, non riguarda generalmente un atto effetti- 64