Il piccolo Hans - anno V - n. 17 - gennaio-marzo 1978

ha nulla a che fare con gli stati ,d'animo · degli amanti e degli uomini onesti. E se accade che sia un principe filosofo, il suo esperimento non è altro che un gioco perverso. n che d'altronde non ha alcuna importanza per gli inter,essati, poiché la forca è lì, tra le mani del principe, e non si possono confondere i suoi disegni con il destino . -P : oiché è proprio il destino che incontra­ no i personaggi messi alla prov:a con l'inesorabilità della condanna alla forza. Qalunque cosa alleghino, né l'innamorato né l'onesto uomo possono preveder,e più di noi ciò che faranno. Per questo si tratta proprio della prova della verità; non per,ché la -libertà vi.si eserciterebbe, ma perché fa tacere tutte le chiacchiere su se stessi, di cui è troppo facile compiacersi. Il principe raffigura il destino di ciascuno, in quanto rivela ad ognuno ciò che non poteva sapere di sé. L'Ordine Giuridico può dunque essere cieco, anzi lo deve ,essere. Senza dubbio, è proprio a causa di questa necessaria cecità, che così spesso porta avanti contro la pena di morte (ma solo contro di essa!) il miserabile argomento dell'errore giudiziario. L'errore giudiziario è tuttavia praticamente impossibile per quelle migliaia di criminali che ogni anno si giudicano. _ Il problema è la ragione per cui uno solo sarà giustiziato, e la ragione è contingente: dipende dalla sensibilità dei giudici e di un presidente della repubblica per tali forme di crimini e anche dall'indignazione sollevata dalla stam­ pa nei confronti di un altro verdetto giudicato troppo clemente, come ad altri fattori meno confessabili. In ogni modo, un accusato ha molte meno ragioni di temere la morte per errore giudiziario che, all'atto del suo arresto, per «errore» poliziesco. Ma questi tipi di errori - come altri errori, medici per esempio -, sono colpi del destino sovente fatali, ma che non hanno la perentorietà della mannaia della ghigliottina e della 61

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